E' l'umore di chi la guarda che
da' alla citta' di Zemrude la sua forma. Se ci passi fischiettando, a naso
librato dietro al fischio, la conoscerai di sotto in su: davanzali, tende
che sventolano, zampilli. Se ci cammini col mento sul petto, con le unghie
ficcate nella palme, i tuoi sguardi si impiglieranno rasoterra, nei rigagnoli,
i tombini, le resche di pesce, la cartaccia. Non puoi dire che un aspetto
della citta' sia piu' vero dell'altro, pero' della Zemrude d'in su senti
parlare soprattutto da chi se la ricorda affondando nella Zemrude d'in
giu', percorrendo tutti i giorni gli stessi tratti di strada e ritrovando
al mattino il malumore del giorno prima incrostato a pie' dei muri. Per
tutti presto o tardi viene il giorno in cui abbassiamo lo sguardo lungo
i tubi delle grondaie e non riusciamo piu' a staccarlo dal selciato. Il
caso inverso non e' escluso, ma e' piu' raro: percio' continuiamo a girare
per le vie di Zemrude, con gli occhi che ormai sotto alle cantine, alle
fondamenta, ai pozzi.